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Quadri: Humouresque (1998-2001)Il genere 'fumetto' esiste circa dalla metà dell'800 e a distanza di più di un secolo nessuno mette più in dubbio che esso rappresenti una delle forme d'arte del XX e del XXI secolo. Allo sforzo di legittimazione del fumetto in seno all'estetica novecentesca hanno contribuito in maniera sostanziale la Pop Art americana (ma come non ripensare oggi che questa e altre legittimazioni eterodosse erano ineluttabilmente implicite nella rivoluzione di Duchamp?), poi grandi artisti che lo hanno praticato come Fellini e Crepax, fino all'attualità più attuale: in tempi recenti alcuni degli scrittori più stimati dell'ultima generazione hanno sceneggiato storie per le riviste di fumetti e recensito libri o manuali di fumettistica - si pensi a Dario Voltolini e Tiziano Scarpa. Questo linguaggio-ponte, sospeso tra la narrazione letteraria e il cinema, evidentemente ha una sintassi che affascina soprattutto i letterati (i cinematografari e i pubblicitari se ne servono utilitaristicamente) ma viene spontaneo notare come anche i più recenti interventi agiscano all'interno del fumetto: ad esempio un letterato partecipa a questo tipo di produzione con un contenuto narrativo (Sclavi, Scarpa) oppure un artista del fumetto se ne 'emancipa' crescendo di scala, come pittore che dipinge quadri, o esportando iconografia su supporti nobili, come le copertine dei libri (Mattotti). Di conseguenza viene anche fatto di notare quanto siano molto più sporadici gli esempi di artisti che muovono verso il fumetto e che lo tematizzano. I casi più importanti e recenti in Italia sono quelli di Barucchello e di Echaurren - le tele di Vighi richiamano subito a questo confronto - ma è interessante porsi una domanda: la tematizzazione di Echaurren, che sovrappone una sintassi cubista alle inquadrature del fumetto, non finisce per dimostrarsi solo un aggiornamento iconografico? (altrimenti che senso avrebbe scheggiare ciò che è già frantumato); e soprattutto: trattare il fumetto con la sintassi di un'avanguardia storica colta, il Cubismo appunto, non è in fondo cercare la legittimazione del fumetto attraverso l'Arte, cioè non rischia involontariamente di relegare il fumetto a un grado estetico inferiore? Vittorio Vighi agisce altrimenti. Nella serie Humouresque - inspiegabile senza il precedente passaggio dagli Inferni urbani - Vighi rende omaggio al mondo del fumetto soltanto che questa operazione, a ben guardare, non parte da un complesso di inferiorità, anzi. Nelle tele i personaggi delle strips non vengono sottoposti a filtri colti (tipo la segmentazione cubista) né vengono riportati in un contesto alto ironicamente come reperti bassi, pop(olari) e pulp (Lichtenstein), anzi. Certamente queste tele si collocano nel solco del Pop e ne condividono le convenzioni principali (la citazione dell'immagine industriale, l'uso della mitologia di massa), ma appunto con una differente ottica, proprio quella che induce dentro al riconoscimento di ciò che è supernoto un altro percorso di senso, meno apparente. Un primo scarto sta nei criteri di scelta e negli accostamenti. I campioni, infatti, non sono omologhi (Lichtenstein) e non sono soltanto famosi: Vighi corre tra l'inizio e la fine del secolo XX, tra Italia, Francia e Stati Uniti, ripesca personaggi degli anni venti e trenta (come Fortunello di Opper), li accosta indifferentemente ad altri degli anni sessanta e settanta (come Zagar di Jacovitti, i Peanuts di Schulz, The Wizard of Id di Hart, Elvira di Copi), degli anni novanta (i suoi omini trasparenti) e unisce i famosi (Linus, Snoopy) ai meno famosi (il giullare di Hart, Chip di Segar) ( I - Humouresque n°9, 1998, con Schulz, Opper, Copi, Jac, Hart, ecc.). Lentamente ci si accorge che queste figure colorate, questi personaggi di carta, non si presentano per rivendicare una dignità (che è scontata, loro sono qui autonomamente se stessi, non sono presenze funzionali ad altro); questi personaggi stanno testimoniando invece la Storia, il tempo di un secolo e il diario di una vita trascorsa a praticare questo linguaggio e queste figure. Così Humouresque non è frutto di una trovata pittorica, non è un divertissement iconografico, non è un espediente retorico. Humouresque ci parla della storia del secolo (grande e tragica), della storia italiana (un po' più piccola e, a tratti, farsesca) e, insieme, delle vicende di una persona. Se ci si prende la briga di 'ascoltare' le composizioni si riescono a sentire i suoni, le esplosioni, i racconti, le risate e le frasi sconnesse che ogni figura porta con sé, inevitabilmente. Al di là della malinconia di Marmittone (Angoletta) ci stanno la prima guerra mondiale, la fine di un'antica civiltà, l'Italia della storia e dell'arte cui il moderno volta le spalle, e il sogno infantile di una serena 'casetta in Canada' ( II - Humouresque n°8, 1998, con Disney, Angoletta, Bisi, Steinberg, Rubino); dietro il volto incompleto di Valentina (Crepax) o la coppia di Dylan Dog (Cossu) in cui lei svanisce ci sta l'enigma della donna e la chimera della fedeltà reciproca (la Pimpa di Altan, eccezionale sintesi di fine simbologia rinascimentale caduta nella grafica per bambini) ( III - Humouresque n°6, 1998, con Crepax, Magnus, Lunari, Chiappori, Cossu, Altan, Forattini); dietro a una brutta faccia da questurino di Scarpelli (borsalino nero e baffetti siculi) o l'espressione canagliesca del buffo Bob Rock con la pistola in mano (Magnus - ancora III Humouresque n°6) ci stanno i giochi sporchi e gli attentati ai treni; tra Scalfaro e un corrucciato cittadino di Camerini si mette in mezzo l'ottuso generale di Sturmtruppen (Bonvi) con le sue ombre nazifasciste, lunghe fino a oggi ( IV - Humouresque n°5, 1998, con Steinberg, Scarpelli, Camerini, Bonvi, Forattini, Giussani, Mosca, Altan); dietro al'impiegatino di Fellini ci sta l'Uomo Qualunque; laggiù stanno riuniti il marinaretto di Longanesi, i borghesi in cilindro di Mosca e un 'Peppone' di Guareschi ( V -Humouresque n°4, 1998, con Mosca, Longanesi, Guareschi, Jacovitti, Vauro, Mondaini), mentre quaggiù sotto a tre silhouettes seriali (Chiappori) sta l'ultimo nodo politico inestricabile che irretisce Prodi, Woytila e Veltroni (da Forattini - ancora III Humouresque n°6); intorno all'ingenuo Signor Bonaventura di Tofano, col suo milione in mano, accorrono i gangster di Tangentopoli ( VI - Humouresque n°1, 1998, con Sto, Altan, De Seta, ecc.). Alla fine dei racconti, questo secolo e questa Italia non hanno granché di cui vantarsi. Ricollocati in un contesto storico, personaggi e caricature si portano dietro un secondo scarto, ancora più forte e profondo: l'Artista nel comporre non sceglie quasi mai i corpi dei personaggi e le rispettive ambientazioni canoniche, ne ritaglia soltanto le teste, e nelle teste gli sguardi. Queste tele sono dominate da volti che si interrogano attraverso gli sguardi. Si impone inesorabile la sensazione del silenzio, di un'atmosfera sospesa dove le parole sono morte: quel che poteva essere detto è stato già detto (inutilmente); chi vorrebbe parlare con lo sguardo ha la faccia tagliata all'altezza della bocca (come Charlie Brown) o gli occhiali accecati (come Cipputi - ancora IV Humouresque n°5), invece chi ha gli occhi manca della bocca (come il Gagà di Attalo); e chi riesce ad aprire la bocca per sfogare finalmente il cattivo umore represso o emette soltanto fumo (come gli omini di Giuliano) ( VII - Humouresque n°3, 1998, con Giuliano, Bonvi, Jac, Attalo, Steinberg, Vighi) o non ha un suo balloon in cui iscrivere le parole; e se la nuvoletta c'è è vuota, afona (così la Linea di Cavendoli e una Signorina di Fellini dicono niente - IX Omaggio a Fellini). Prevalgono espressioni mute che interrogano inutilmente o che rifiutano: Diabolik - IV Humouresque n°5 - non capisce, Valentina - III Humouresque n°6 - è assorta, Fortunello è molto molto perplesso, il Signor Chiunque di Camerini avvilito, i due tipi di Vauro - V Humouresque n°4 - sono nauseati, Romolo - o Remo?- risputa il latte di Roma in faccia a Mamma Lupa (Vighi): deve essere amaro.....(ancora VII Humouresque n°3). E sono pochi i sorrisi: qualcuno è sarcastico, due sono maligni (Zagar di Jacovitti e il Mago Baku di De Seta - I e VI Humouresque n°9 e n°1), qualcuno è stereotipo (Fulvia di Pericoli, VIII - Humouresque n°7, 1998, con Pericoli, ElleKappa, Bozzetto, Magnus, Isidori, Crepax, Chiappori, Pratt), un altro è vissuto (Corto Maltese di Pratt), qualcuno splendidamente ingenuo, innocente (un bimbo di Rubino, il Signor Rossi di Bozzetto, Gelsomina di Fellini), uno solo è consapevole: è quello di Fellini che aveva capito il teatro del mondo - Vighi gli rende commosso omaggio con un doppio ritratto (da Nino Za) ( IX - Omaggio a Fellini). Al di là delle illustrazioni del secolo moderno, dei ricordi personali e della memoria collettiva, questo film 'muto' declina senza fine la ricerca disperata di una identità, che sia pure minima, banale, consumistica; le figure che ci hanno fatto sorridere o intenerire o sognare, alla fine si trasformano in uno specchio di carta da giornaletti: è su questa superficie rugosa, fragile, inchiostrata male, che ci dobbiamo specchiare in questi anni. Non siamo riusciti a lasciare in piedi neanche una statua ( e non è detto che tutto il male venga per nuocere....). L'emblema di noi stessi sta proprio in quegli omini-massa trasparenti che Vittorio Vighi, venendo dalla caricatura e dalla televisione, ha saputo creare e mettere contro lo sfondo di città infernali: nel ciclo di Humouresque recitano da comparse, eppure sono loro che custodiscono il segreto di un mondo che perde ogni giorno di consistenza. GIANNI CASCONE Ndr: Nella galleria delle immagini si aggiungono poi altre opere particolarmente significative, sempre della serie Humouresque. L'immagine X è un bellissimo omaggio a Schulz, il padre dei Peanuts. La XI e la XII sono un omaggio a Steinberg, del quale Vighi era evidentemente un grande ammiratore. L'opera di cui all'immagine XIII sembra essere il trait-d'union tra la serie 'Inferni Urbani' e la serie 'Humouresque'. E d'altronde che tra le due serie vi fossero punti di contatto è stato ben sottolineato dall'amico Gianni Cascone nelle sue note critiche. Le ultime cinque opere, diversamente dalle altre, sono monocromatiche (o meglio, realizzate con sfumature del medesimo colore). Nell'immagine grande Humouresque n°25, 1999, con Segar, C. Buffagni, Mosca, Frank Cho, Hanna&Barbera, S. Ripa, sconosciuto. |